La mia vita una pigna
di Mimmo Prunestì
Negli ultimi decenni il mondo è entrato in una fase di trasformazione velocissima. Il mondo, le cose, la maniera di vivere, di imparare, di lavorare, ma anche di mangiare, di amare, di comunicare, di pensare, si sono trasformate e continuano a trasformarsi velocemente.
I ragazzi di adesso e quelli di domani devono avere contezza di questa trasformazione per acquisire il senso del divenire. Per capire e accettare nel giusto modo queste trasformazioni. Per non lasciarsi travolgere da esse.
Ma anche per imparare emozioni che oggi non sono più di moda. L’entusiasmo per le piccole vittorie, la capacità di immaginare, la voglia di lottare, la capacità di soffrire, l’attesa paziente di risultati che potrebbero anche non arrivare, la forza di ricominciare…
Per imparare a guardare le formiche. E le onde del mare.
A questo serve il racconto di coloro che hanno traghettato un mondo che stava fermo da millenni verso un futuro inimmaginabile.
A questo serve il racconto della vita dei boomers.
A questo serve il racconto, fatto da lui medesimo, della vita di Mimmo Prunestì.
Quel Mimmo Prunestì capace di guardare il mare e il cielo vedendoli sempre nuovi, quello che era riuscito a conservare, assieme alla memoria dei tempi andati, anche quella curiosità e quella capacità di meraviglia che (quasi) tutti noi perdiamo e che ci mantiene vivi. Quello del peperoncino, quello che aveva intitolato la sua strada Via degli innamorati.
Non c’è solo questo, che già sarebbe tanto, nelle pagine del libro La mia vita una pigna.
C’é, soprattutto la narrazione importante di una storia che riassume e sintetizza tante storie e che non deve andare perduta.
Oggi i nostri discendenti, figli nipoti e pronipoti, ci chiamano boomers. Quelli del baby boom. Ma questo termine dice poco o niente di noi. Siamo qualcosa di più. Molto di più. Siamo la generazione che ha traghettato il genere umano in una nuova era, forse in una nuova dimensione di cui ancora non riusciamo a distinguere i confini.
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